Salvatore Bentivegna
Salvatore Bentivegna (BSD Moro)
Sciacca 1923- 2002
Omonimo del più noto concittadino Filippo, con cui non ha però nessun rapporto di parentela (a Sciacca il cognome Bentivegna è piuttosto diffuso), anche Salvatore Bentivegna, detto “Turiddu u moru”, scolpisce la pietra e il legno a partire dagli anni '50. Analfabeta, uomo di mare e pescatore finché non scampa a un naufragio, padre di dieci figli ma allontanato dalla sua stessa famiglia a causa della sua stravaganza, sopravvive raccogliendo e rivendendo saltuariamente origano e verdure selvatiche. Conduce una vita marginale, quasi da barbone, in una stanza senza finestre e sotto il piano stradale, che si riempe delle sue opere, frutto di un'attività incessante, e depositate anche in una baracca di legno alla periferia della città, segnalata da un'insegna latineggiante: “Sculpitor in petra naturale”. Si tratta di raffinate statuine in pietra tufacea che rappresentano divinità e creature primordiali, bastoni finemente intagliati con figure zoomorfe, numerosi disegni. Temi principali sono la bipolarità dell'esistenza, il dialogo e il conflitto tra uomo e natura, l'inaccessibile superiorità del principio femminile. Ha una concezione animista della natura che è l'unica religione che riconosce: si definisce “sacerdote della natura” e “raccoglitore”, considera le sue figure preesistenti e il proprio intervento una sorta di pratica cultuale, ma è fiero di vedere ciò che gli altri non vedono. Preso in considerazione solo da pochi appassionati che acquistavano i suoi lavori quando era in vita, e che oggi ne conservano ancora un gran numero, le sue opere rimaste sconosciute sono state presentate per la prima volta al Museo Civico di Gibellina (Tp) nella mostra Le Matriarche, a cura di Eva di Stefano, nell'estate del 2011.
Bibl. E. di Stefano, Pescatore di mare e di terra. Breve nota sull'altro Bentivegna , “Rivista dell'Osservatorio Outsider Art”, numero 1, ottobre 2010 (vedi su questo sito); Le Matriarche. Opere di Sabo e BSD Moro, a cura di E. di Stefano, Fondazione Orestiadi, Gibellina 2011.